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Uomo e Ambiente

Ritorno alla montagna

In Memorie di Adriano, romanzo francese della scrittrice Marguerite Yourcenar pubblicato per la prima volta nel 1951, l’imperatore romano Publio Elio Traiano Adriano, alla fine della sua esistenza terrena e nello scrivere al giovane amico Marco Aurelio, lo invita a tornare a “prendersi cura della terra”.

Il “Take care of the Earth”, nell’ultimo cinquantennio, è rimbalzato in molti progetti di ricerca, documenti di associazioni ambientaliste, trattati e convenzioni a livello europeo e mondiale. Le argomentazioni vanno dalla preoccupazione per il pianeta nella sua globalità, alle attenzioni per le tante specificità e caratterizzazioni di tipo architettonico, ecologico, geologico, antropologico e, più latamente, paesaggistico che descrivono le identità e il valore dei diversi luoghi e ambiti geografici. Ne è disceso un nuovo avvicinamento alla campagna e, più in generale, alla natura, che caratterizza un crescente fenomeno di neoruralismo, brillantemente descritto in un saggio del sociologo Giorgio Osti dell’Università di Trieste (I nuovi abitanti dei parchi, in Sargolini M., La pianificazione delle aree protette. Uno studio di casi, Urbanistica Quaderni, INU Roma, 2008).

In questo filone della riflessione si pone un crescente contatto tra montagna e città; concetto approfondito dal CAI Sarnano in un convegno nazionale del luglio 2009. Annibale Salsa ricorda che la montagna, nell’arco di un secolo, è passata dalla condizione di contenitore “troppo pieno” a quella di “troppo vuoto”. In molti distretti delle Alpi l’industria turistica si è sostituita alle attività agro-pastorali senza ricercare forme di conciliazione fra tradizione e modernizzazione. La logica dell’aut aut ha penalizzato intere aree delle cosiddette “Alpi latine” trasformando le valli in periferie metropolitane da un lato, o in plaghe dell’inselvatichimento dall’altro lato. Viceversa, nelle Alpi tedesche, la presenza più diffusa di città intra-alpine, unita a una maggiore identificazione del contadino di montagna con un sistema di valori positivi incentrati sulla ruralità, ha favorito il mantenimento del tradizionale radicamento territoriale identificato attraverso la Heimat. La montagna francese ha avviato una serie di “buone pratiche” di valorizzazione delle grandi filiere del legno e dell’allevamento. Anche nelle valli delle Alpi italiane vi sono segnali di speranza dettati dalla buona volontà dei singoli e dalla pervicacia di lanciare la sfida che una qualità della vita accettabile è ancora possibile nelle alte terre.

Tanti altri eventi sono stati occasione di approfondimento di queste tematiche. Molti centri di ricerche universitari (in particolare Trento e Trieste) studiano i diversi movimenti verso la montagna, le difficoltà d’integrazione dei nuovi montanari, il mutare delle identità antropologiche e territoriali.

Recentemente un’associazione culturale denominata “Dislivelli”, nata a Torino dall’incontro di ricercatori universitari e giornalisti specializzati nel campo delle Alpi e della montagna, si pone l’obiettivo di favorire l’incontro e la collaborazione di competenze multidisciplinari diverse nell’attività di studio e formazione sulle terre alte.

Il CAI Sarnano, ponendosi in questa scia del dibattito in atto, si chiede se gli Appennini, in quanto “terre alte”, possono essere oggetto di riflessione riguardo al loro valore identitario in campo paesaggistico, biologico e antropologico e soprattutto come si sta sviluppando in quest’area il rapporto con la città e con le attività umane. Per dare una risposta a queste domande la nostra sezione sta organizzando, insieme al Ministero per l’Ambiente, al gruppo di ricerca europeo Access2Mountain e a diversi centri di ricerca universitari, un convegno internazionale a Sarnano (23-24 aprile 2014).

 

                                  Prof. Massimo Sargolini

             Facoltà di Architettura - Università di Camerino