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Si racconta in montagna

La "Direttissima" del Gran Sasso

Sono passati dieci anni - sembra ieri - dall’avventura sul Corno Grande, raggiunto passando per la via direttissima. Il ricordo ancora entusiasma e fa tremare le ginocchia. Trekking speciale al Gran Sasso d’Italia, il 20 agosto 2000, con gli amici del Club Alpino di Sarnano. Si parte prestissimo da piazza della Libertà per l’Abruzzo. Siamo in otto: Mariano “della canottiera rossa”, Fabrizio di S. Angelo in

Pontano, Remo di Sarnano, Maurizio di Comunanza, Giovanni di Empoli e Laura, una signora di Macerata con il marito. A Giulianova si prende per Teramo. Alla vista del Santuario di S. Gabriele, la mia silenziosa preghiera pensando alla grande montagna che ci aspetta... Ci s’infila per 10 km nel tunnel del Gran Sasso e, all’uscita, ecco la strada per Campo Imperatore tra boschi di conifere, prati, stazzi di pecore e cani bianchi abruzzesi. Arriviamo davanti all'albergo, dove fu imprigionato Mussolini. Altimetro tarato e zaino in spalla, inizia l'avventura. Dalle cupole dell’osservatorio geofisico si sale di dislivello e si prosegue per un sentiero ondulato. Tanti escursionisti: chi va e chi viene. Il rifugio Duca degli Abruzzi s’allontana alle nostre spalle. La vista è incomparabile. Cielo terso e aria calda. Ovunque: pianori, conche e massi sparsi sui prati, arsi dal sole. Sul Vado di Corno (1924 m), la visione del Corno Grande, possente e minaccioso. Col binocolo inquadriamo, sul versante est, alpinisti in parete. Altri più in basso sono presso una tenda rossa. Scendiamo dalla “sella” e risaliamo fino a un bivio. Un cartello indica la “Direttissima” e a sinistra la via normale, che aggira a ovest la montagna. Laura si ferma sgomenta, vedendo la parete del Gran Sasso. Il sentiero è segnato da triangoli verdi che si perdono tra i macigni. Fabrizio tocca la corda, nello zaino, e ci rassicura. Alcuni escursionisti sono in alto e salgono. Qualcuno, scoraggiato, torna indietro. Decidiamo di salire.

Mariano indica una linea scura e strettissima, quasi dritta, lungo la parete sud. Solo l’inizio è agevole. Presto il sentiero s’inerpica tra massi giganteschi. Alcuni romani

procedono con cautela. I passaggi diventano stretti e verticali. Un uomo avanza a fatica rotolando sassi pericolosi. Riusciamo a passare. Il “budello” è stretto e impedisce di vedere il vuoto. Meglio così! Un gruppo rinunciatario scende: altre difficoltà nel passare. Ci arrampichiamo con i consigli di Mariano che chiude la fila. Una ragazza romana è ferma e blocca la salita. È dolorante: ha due scarpette di tela rosa. Non le risparmiamo bonari rimproveri. I nostri, dopo averla imbracata, la tirano su di peso. È l’unica soluzione. Salgo per fare spazio e mi trovo capofila. Sulla destra: gli alpinisti, visti dalla “sella”, piantano chiodi alla parete. L’occhio va verso l’alto. Il punto è “scoperto” e le mani cercano la presa. Resto attaccato

alla parete, senza guardare in basso. Non soffro di vertigini ma il baratro è spaventoso: forse 500 m. Nella zona in ombra, le rocce sono gelate. I segnali a triangolo mi rassicurano: il percorso è giusto. Da un piccolo terrazzo rivedo il vallone del bivio e Laura. Il marito è con noi. Ancora un altro passaggio, tra due burroni. Ecco un vocio venire dalla vetta. Ce l’ho fatta! Sono sul Corno Grande (2914 m). Il sole splende alto... Escursionisti mangiano e parlano. Scattano foto. Una ragazza in reggiseno prende il sole. Esuberanti ragazzi di Lanciano mi dicono: “Siamo giunti... dal sentiero”. Rispondo: “Bravi, ma la Direttissima è un’altra cosa!”. Il panorama è immenso. Solo il Corno Piccolo chiude uno spicco d’orizzonte. L’Aquila è giù, lontana, “forte e gentile” come l’Abruzzo. Lontane e da venire, le brutture: terremoto, macerie e risate al telefono..

Vermiglio Petetta

Corrispondente - “L’Appennino Camerte”

Writer - “La Gazzetta Italiana” Cleveland, Stati Uniti