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Il CAI e l'ambiente

Alpinismo si ... "ma con la testa"

Il nuovo anno è ancora a far capolino dietro l’angolo del 2010 che già, con i primi fiocchi di neve, abbiamo avuto soci e non soci morti da valanga. L’unico conforto è il non aver dovuto sentire dai media sciocche affermazioni del tipo: “montagna assassina”, “valanga assassina“ ecc. Abbiamo comunque sentito altre stupidità che alcuni “interessati” vogliono propagandare, con cinismo commerciale e sfruttando l’occasione, per una parvenza di sicurezza in ambiente invernale. Mi riferisco, ma non solo, allo “zaino con airbag” antivalanga che ultimamente ci hanno proposto in tv insieme a sonda, arva (cercapersone-ricetrasmittente) e pala. Mi permetto, come esperto di montagna, di invitarvi a “non dare ascolto” a queste baggianate. La realtà è più cruda. Dopo dieci-quindici minuti di seppellimento sotto il manto nevoso, le possibilità di sopravvivenza diminuiscono drasticamente fin quasi allo zero; dopo venti-trenta minuti: grave ipotermia e soffocamento. Esistono diversi tipi di valanga oltre il tipo a neve polverosa e, per esempio, la cosiddetta “valanga a lastroni” che, oltre a travolgere tutto, spezza, taglia e schiaccia, per cui dopo la sua impressionante onda d’urto, quando fermerà la sua corsa e si compatterà, difficilmente saremo ancora in condizioni di poter sopravvivere. Come esperto del Soccorso Alpino: è difficile che un soccorso, benché organizzato in tutto il territorio nazionale ai massimi livelli, con l’ausilio di elicotteri e quant’altro necessario, arrivi sul luogo anche in condizioni meteo ottimali prima di venti minuti. Suggerisco quindi che oltre a frequentare adeguati corsi del C.A.I., diretti alla conoscenza e prevenzione per andare in luoghi innevati con la necessaria cautela e umiltà, si vada possibilmente insieme a persone esperte evitando di cacciarsi nei guai con la speranza che poi qualcuno ci salvi o addirittura ci salvino la vita gli “inutili” ritrovati tecnologici. Infine, invito a riflettere sulla necessità di non mettere a repentaglio la vita dei nostri amici soccorritori a causa d’improvvisazioni o gravi negligenze.

 

La dignità delle zone montane

Il 125° del Resto del Carlino e la presentazione de “Le terre del Carlino” di Carlo Cambi nella sala consiliare di Sarnano, il 25 novembre 2010, hanno fornito l’occasione per fare l’elogio della montagna e in particolare degli Appennini. Con il “cugino” Sci Club è stato invitato anche il CAI di Sarnano. Il pres. Paolo Tiberi, chiamato al microfono dal direttore della zona Umbria-Marche del Monte dei Paschi (banca compartecipe dell’iniziativa), ha ricordato spirito e finalità del CAI nazionale ma soprattutto di quello sarnanese che ha puntato, sin dalla sua fondazione, più sulla cultura e sulla vita della montagna, piuttosto che sugli aspetti eroici delle scalate o fisici delle escursioni, praticate comunque dagli iscritti. Davanti a una sala attenta e stracolma ha toccato paesaggio e tradizioni, Parco naz. dei M. Sibillini e montanari, che per secoli hanno reso vivo il territorio, usandolo ma rispettandolo e conservandolo. Ha esemplificato la grandezza del passato con la frase-metafora di uno studioso: “Le colonne delle chiese dell’Aquila belano”. Tanto per far intendere il legame economico, basato sul commercio della lana, tra gli Appennini e la Toscana, forse con monete dello stesso Monte dei Paschi. Quel “monte” senese è un nome dai vari significati. Tiberi ha ribadito che per salvare la montagna non basta la conservazione di luoghi, ricordi e dignità, ma occorre credere nel suo sviluppo per evitare lo spopolamento. “Gli investimenti pub-blici in zona montana - il suo amaro commento - sono considerati inutili, visti i quattro gatti che ci vivono!”. Ha chiesto: “Dobbiamo tutti concentrarci nella fascia costiera per avere i servi-zi?”. Il sindaco di Amandola, poco prima e pure lui preoccupato, aveva addirittura pre-cisato: tutti ammucchiati tra autostrada, Adriatica e fer-rovia. Paolo ha così concluso: “Tra le emergenze dei paesi montani... quella di mantenere i servizi a partire dalla scuola”. L’uomo infatti, privato dei diritti, lascia la montagna che, abbandonata, inselvatichisce, muore. E  vi si spengono: tradizioni, cultura, economia, vita e dignità. “Reagire e, consapevoli, valorizzarla...”.