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Amici e sentieri

Per amore verso la montagna

A ma’ io scappo” dice il giovane.

“Ma dó’ vai figliu a mó, dopo magnato, có’ sto freddo; che pó ciai pure la frèa” risponde la madre.

“A vaco a fa’ l’amore da la sposa”.

“Ma có’ sta nebbia, fino a la Torra...” (da Monte Urano a Torre S. Patrizio, ndr).

“Non me ’mporta có. Scappo lo stesso, tanto ce so messo li fari gialli su la 500. Non te preoccupà! Ciao, ma’”.

 

Un dialogo di questo genere (in dialetto di Monte Urano - Fermo, ndr) ci porta agli anni ’60: un giovane innamorato che, pur con la febbre e nonostante la nebbia di una sera invernale, si mette in viaggio per raggiungere l’amata. “Mutate mutandis” (cambiate le cose che devono essere cambiate, ndr), anch’io nell’estate 2011 ho rischiato per amore verso la montagna.

Avevo iniziato da tre giorni le mie due settimane di vacanza nella casa della famiglia di mia moglie a S. Ginesio, in corso di restauro. Pensavo di riordinare, arredare la casa e nel contempo di partecipare a tutte le escursioni in calendario del nostro Cai, come non era mai successo in precedenza... quando, causa una banale caduta in casa, mi sono trovato con il polso destro fratturato e immobilizzato con gesso dalla mano al braccio. La montagna con Castel Manardo, Pizzo Meta, che potevo quasi toccare con la mano al mattino appena alzato e la tazzina di caffè caldo in mano, era troppo invitante, attraente. Nonostante tutto, scegliendo sentieri “idonei allo stato di malattia” e talvolta coinvolgendo anche amici, di escursioni ne ho fatte a: Pintura di Bolognola da Sassotetto, Piani del Ragnolo, Fonte del Faggio dal santuario dell’Ambro.

Il caldo, il dolore pressoché continuo, la noia delle dita tumefatte, pollice in primis, con conseguente quasi totale invalidità della mia mano dominante, finivano per scomparire quando il contatto con la montagna era totale.

dott. Vincenzo Mandozzi

chirurgo - Ospedale di Civitanova Marche